venerdì 31 maggio 2013

Iperconnessioni fatali (Hikikomori)*




“Sogno di trasformarmi in una particella di luce per scorrere attraverso i cavi digitali ad alta velocità nella rete per raggiungere ogni punto del mondo virtuale in un batter d’occhio”. Queste erano le ultime parole che gli agenti avevano trovato scritte a lettere cubitali sullo schermo del suo Pc all’interno di una stanza puzzolente e disordinata. Tra lattine e scarti di pizza e chiazze di olio ovunque, c’era il corpo privo di vita di H un ragazzo corpulento di appena diciassette anni. H, secondo i genitori era un giovane che non usciva mai da casa, era sempre davanti allo schermo del suo computer. Fin da piccolissimo passava ore e ore a scrivere a vedere manga e a parlare con i suoi amici di rete senza volto e identità. Spesso nel cuore della notte si sentiva solo il ’crepitare’ della tastiera ormai consumata e unta che H usava ad una velocità impressionante. La sua stanza era un groviglio di cavi e spine. Il fetore che fuorusciva da quel pavimento unto e bisunto era pari solo a quella di un animale morto da giorni. H era a terra immerso in una pozza di sangue. Da una prima analisi fatta dagli specialisti, era forse inciampato in uno di quei fili battendo la testa. Era un hikikomori passava intere giornate chiuso in quelle quattro pareti tra i suoi effluvi. I genitori non ricordano mai di aver visto un amichetto in casa a scuola poi era una croce: continui rimproveri dagli insegnanti non brillava in nessuna materia e non parlava mai con nessuno. In rete, però, quando premeva il tasto di accensione del suo computer, si apriva un mondo ovattato, dove non doveva mai dimostrare di essere qualcuno e non e tantomeno fare gare con nessuno. In quel mondo era qualcuno, le sue dita esperte ruotavano sulla tastiera e cifre numeri e password si aprivano in un lampo, il computer per lui non aveva segreti si muoveva nella rete con una leggerezza che nella vita reale non aveva visto che era molto grasso. A colpi di tastiera socializzava con chiunque e riusciva addirittura ad assumere più personalità. Di tanto in tanto appariva la madre nella stanza preoccupata perché il figlio dimenticava perfino di mangiare. Lo protarono anche da un esperto il quale aveva posto l’accento, il problema equiparandolo niente di meno che all’autismo e alla schizofrenia. Un pesante fardello che aveva spinto i genitori ad una triste rassegnazione. Poi il fato ha fatto la sua parte, in quella stanza, dove H si sentiva tanto al riparo e sicuro e accaduto l’irreparabile: la disgrazia.    




* Dalle otto alle venti stanno sempre sul Pc. Mangiano al Pc dormono sulla tastiera qualche volta, non si alzano nemmeno per fare i bisogni. Un fenomeno che i giapponesi negli anni Ottanta hanno definito come Hikikomori ossia quelle persone che hanno deciso per un motivo o per un altro di allontanarsi definitivamente dalla vita reale ‘digitalizzando’ perfino i rapporti sociali. Il fenomeno che solo dal duemila interessa i paesi europei mentre in America e in Giappone è considerato una vera e propria devianza sociale. Esistono cliniche e cure per chi soffre di dipendenza da computer, ma spesso il pericolo maggiore come sempre è per gli adolescenti che non riescono staccarsi dalla tastiera. Crescere eliminando i rapporti face to face è un problema non da poco i bambini, non imparano a relazionarsi e hanno alla lunga problemi comportamentali di non scarsa rilevanza. In questi casi è stato.
 

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