giovedì 11 aprile 2013

Caldo


 
Caldo, ancora caldo. Gocce di sudore scivolano sul collo arrivano fin sotto le scarpe. Ancora caldo, afa. Vento dove sei, fresco ti invoco. Ghiaccio dove sei. Acqua, fresca, limpida, trasparente. Ruscelli di montagna, fresco pace tranquillità. Un vento caldo arrostisce il mio corpo non c’è pace, non c’è ombra che dia sollievo alla mia sofferenza. Basta! ho deciso, bisogna scappare dalla città. Una valigia, mi serve una valigia. Dove sta… Ora ricordo si nel ripostiglio. Scendo le scale, nelle secrete del mio palazzo, un condominio popolare di circa cento famiglie, un mostro di cemento arso dalla calura estiva. Apro la porta di ferro ed immediatamente una puzza di muffa invade le mie narici. Mille flashback in tre metri quadrati. Malinconia e ricordi retrò. Ancora caldo, cerco, rovisto scombino. Non c’è pace nel caos. Non c’è ordine nelle mie cose. La vedo e lì, sotto una montagna di vecchie riviste, eccola spuntare tra mille cianfrusaglie. Un respiro profondo tra le spore della mia vita e mi immergo nei ricordi più reconditi. Un tuffo totale negli anni ottanta poi i novanta e ancor più su ma solo di poco. Un paio di scarpe da ginnastica mi guarda in un angolo dello scaffale delle riviste. Le mie bellissime Adidas. Non le ho mai volute buttare eccole sporche di polvere ma ancora con lo stesso fascino che mi colpì la prima vola che le vidi in vetrina. Il commerciante in quel caso aveva usato la sua tecnica migliore mettendole in bella vista su un piedistallo rotante e una luce puntata contro come la star della vetrina. Mi colpì immediatamente, le guardai quasi ipnotizzato dalla loro bellezza. Riuscii a comprale subito e le indossai per parecchio tempo. Sono state le mie compagne per tanto. Inconfondibili. Le regine della scarpiera le tenevo in bella vista pulite, senza neanche una macchia. Fedeli e fetide come un vecchi cane non mi deludevano mai: sotto i Jens, sotto i pantaloncini, in palestra, al mare e in casa. Che bello molleggiare sotto dieci centimetri di gomma lavorata tassativamente in Vietnam con il classico logo a tre strisce che ha ipnotizzato per anni la mi fantasia e la mia voglia di libertà. Vederle ora, schiacciate una sull’altre coi lacci lisi mi intristiva. Stavano ferme rinsecchite e infeltrite come una regina senza il suo trono come un nobile decaduto… che tristezza. Basta! voglio andar via dal ripostiglio dei miei ricordi.

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