Caldo
Caldo, ancora caldo. Gocce di sudore
scivolano sul collo arrivano fin sotto le scarpe. Ancora caldo, afa. Vento dove
sei, fresco ti invoco. Ghiaccio dove sei. Acqua, fresca, limpida, trasparente.
Ruscelli di montagna, fresco pace tranquillità. Un vento caldo arrostisce il
mio corpo non c’è pace, non c’è ombra che dia sollievo alla mia sofferenza.
Basta! ho deciso, bisogna scappare dalla città. Una valigia, mi serve una
valigia. Dove sta… Ora ricordo si nel ripostiglio. Scendo le scale, nelle
secrete del mio palazzo, un condominio popolare di circa cento famiglie, un
mostro di cemento arso dalla calura estiva. Apro la porta di ferro ed
immediatamente una puzza di muffa invade le mie narici. Mille flashback in tre
metri quadrati. Malinconia e ricordi retrò. Ancora caldo, cerco, rovisto
scombino. Non c’è pace nel caos. Non c’è ordine nelle mie cose. La vedo e lì,
sotto una montagna di vecchie riviste, eccola spuntare tra mille cianfrusaglie.
Un respiro profondo tra le spore della mia vita e mi immergo nei ricordi più
reconditi. Un tuffo totale negli anni ottanta poi i novanta e ancor più su ma
solo di poco. Un paio di scarpe da ginnastica mi guarda in un angolo dello
scaffale delle riviste. Le mie bellissime Adidas. Non le ho mai volute buttare
eccole sporche di polvere ma ancora con lo stesso fascino che mi colpì la prima
vola che le vidi in vetrina. Il commerciante in quel caso aveva usato la sua
tecnica migliore mettendole in bella vista su un piedistallo rotante e una luce
puntata contro come la star della vetrina. Mi colpì immediatamente, le guardai quasi
ipnotizzato dalla loro bellezza. Riuscii a comprale subito e le indossai per
parecchio tempo. Sono state le mie compagne per tanto. Inconfondibili. Le
regine della scarpiera le tenevo in bella vista pulite, senza neanche una
macchia. Fedeli e fetide come un vecchi cane non mi deludevano mai: sotto i
Jens, sotto i pantaloncini, in palestra, al mare e in casa. Che bello
molleggiare sotto dieci centimetri di gomma lavorata tassativamente in Vietnam
con il classico logo a tre strisce che ha ipnotizzato per anni la mi fantasia e
la mia voglia di libertà. Vederle ora, schiacciate una sull’altre coi lacci
lisi mi intristiva. Stavano ferme rinsecchite e infeltrite come una regina
senza il suo trono come un nobile decaduto… che tristezza. Basta! voglio andar
via dal ripostiglio dei miei ricordi.
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